Vercelli. 5.3.1937.

Caro Marito, siamo sempre nelle stesse condizioni e non si può ancora sapere nulla. Quanto pensieri mi si affacciano nel cervello, senza risolverne uno. Hai scritto alla R. Questura per sapere qualcosa? Domani andrò all’udienza col sig. Capo e poi mi saprò regolare su quello che devo fare. Attendo una tua lettera per sapere qualcosa di te; ti trovi solo oppure in compagnia di altri? Io sono con altre tre donne ed il tempo mi passa ancora presto. Ci sono dei libri e mi passo così il tempo a leggere. E tu cosa fai? Come passi il tuo tempo? Oggi scrivo pure ai genitori. Tu hai loro scritto? Lascio a te di dirgli quello che debbono fare per informarsi di questa cosa. Domani chiederò per avere un colloquio con te. Tu l’hai già chiesto? Con queste poche parole capirai che non ho neanche volontà di scrivere e non so nemmeno cosa dirti. Spero che sarai sempre tranquillo e in salute. Io sono sempre come mi hai lasciata e mi voglio mantenere sempre così. Sei contento? Chissà quando ci rivedremo e faremo la nostra cara famigliola. Non posso pensare che senza commettere nulla debbano tenerci in questi luoghi. Ho sentito dire che si deve ancora riunire la Commissione per decidere se devono mandarci al confino. Se ciò fosse credo che ci manderanno insieme e che facciano un po’ in fretta a decidere quello che vogliono fare di noi. Per oggi non ho più nulla da dirti. Ti ricordo sempre.

Bacioni infiniti. Tua, Giorgina

(Lettera tratta da Marino Graziano, Giorgina Rossetti, “Dal carcere al confino. Pagine di vita vissuta”. Opera in corso di pubblicazione)


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